UN CONTRIBUTO Di RICERCA
A cura di Sara Coletti, Lucia Guglielmi, Alessia Marani, Azzurra Ricci
Abstract
La transizione alla genitorialità, per la pregnanza psico-affettiva che riveste a livello individuale, familiare e transgenerazionale, è un processo trasformativo che attraversa le dimensioni del passato, presente e futuro, portando con sé un potenziale evolutivo e di vulnerabilità. La nascita di un figlio comporta la ri/strutturazione degli equilibri nella gruppalità interna ed esterna della coppia, con un significativo rischio di disagio psichico per i neo-genitori e possibili precipitati analoghi sulla prole.
Il presente contributo di ricerca, inserito in un più ampio progetto empirico condotto dall’Università degli Studi di Palermo, analizza in epoca prenatale dinamiche psico-sociali ed emotive della generatività. Nello specifico, il gruppo di ricerca della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia di Gruppo “ITER” ha indagato quattro aree: il rischio di esito psicopatologico in gravidanza; la relazione tra i legami familiari del passato e l’attaccamento prenatale con il nascituro; storia di abuso e violenza come fattore di rischio in gravidanza; la paternità e il ruolo del partner in epoca perinatale.
La ricerca promuove lo sviluppo delle conoscenze sul tema e la validazione di un protocollo di screening utilizzabile come strumento preventivo del disagio psichico nella perinatalità.
Parole chiave: gruppoanalisi, transgenerazionale, gravidanza, genitorialità, attaccamento, psicopatologia
1. Gravidanza e transizione alla genitorialità: l’esperienza di diventare genitori
La gravidanza, con la conseguente nascita di un figlio, è un evento fondamentale del processo maturativo della donna e del partner, che comporta la transizione dalla coppia alla genitorialità. Il desiderio di generare affonda le sue radici nel passato infantile dei futuri genitori, risente delle esperienze che essi hanno vissuto come figli ed è profondamente influenzato dai modelli parentali che hanno interiorizzato. Durante la gravidanza, il mondo delle esperienze infantili si ripresenta alla mente, proponendo un modello genitoriale con il quale porsi in dialettica per la costruzione della propria identità di genitore (Deutsch, 1945; Bibring, 1959; Raphael-Leff, 1991; Cramer, Palacio-Espasa, 1994; Stern, 1995).
La transizione alla genitorialità rappresenta un momento di crisi evolutiva[1] nel ciclo di vita dell’individuo e della coppia: i cambiamenti che i neo-genitori si trovano a dover affrontare in questo periodo sono numerosi e implicano per ciascun partner una serie di compiti di sviluppo (Simonelli et al., 2006). Il passaggio dalla diade alla triade comporta infatti la ri-negoziazione e ri-contrattazione dei ruoli, delle relazioni e delle funzioni socio-culturali all’interno della coppia, del gruppo familiare e del contesto socio-relazionale più ampio in cui i genitori in “fase embrionale” sono inseriti. Diventare genitore, inoltre, determina la ridefinizione della propria identità, la riedizione della propria storia, la rielaborazione dei modelli relazionali interiorizzati nel corso dello sviluppo e la costruzione di nuove modalità di interazione (Simonelli et al., 2006).
La costruzione delle nuove rappresentazioni di “sé come madre” e di “sé come padre”, unita allo sviluppo di un investimento affettivo e alla rappresentazione anticipatoria del bambino atteso, costituiscono il “patrimonio affettivo di base” capace di influenzare le modalità di accudimento del nascituro (Ammaniti et al., 1996; Della Vedova, 2015).
E’ importante sottolineare che la genitorialità è anche radicata entro un progetto di coppia profondamente influenzato da dinamiche inconsce relative al modo in cui si è formata e si proietta nel futuro (Giannakoulas, 1992).
Le dinamiche descritte possono essere al servizio di una genitorialità intesa come percorso psichico capace di modificare gli equilibri preesistenti, aprendosi al “bambino come terzo” o funzionare in modo collusivo. La psicoanalisi infantile evidenzia come spesso i disagi psicologici del bambino possano riflettere nuclei collusivi o conflittuali dei genitori, traumi silenziosi e difese inconsce, rispetto ad angosce profondissime relative alla genitorialità (Della Vedova, 2015). La presenza di conflitti inconsci può dunque ostacolare il formarsi di una “coppia genitoriale” in grado di relazionarsi con la complessità psichica di questo delicato momento di vita.
Nel periodo pre-natale, dunque, l’intreccio tra i vari elementi di natura intra-psichica, inter-psichica e trans-generazionale può essere complesso al punto da determinare condizioni di sofferenza psichica significative.
2. Fattori di rischio in gravidanza e perinatalità: una riflessione transgenerazionale
Diventare genitori attiva un processo psichico contenente un doppio potenziale, maturativo e patogeno: si connota come un tempo di trasformazione, ma anche di vulnerabilità. Da un lato può portare all’acquisizione di un livello di integrazione più maturo, a seguito dell’elaborazione e risoluzione dei precedenti conflitti infantili, dall’altro quest’ultimi possono tradursi in sofferenza psichica perinatale (Ammaniti et al., 1996). Oggi è noto che tali rischi non riguardano solo la transizione alla maternità, ma anche alla paternità (Paulson, Brazermore, 2010).
L’organizzazione psichica materna e paterna ha un profondo effetto sulla rappresentazione del bambino che si forma nella mente genitoriale, costituendo il corredino psichico con il quale il nascituro viene al mondo (Soulé, 1982). Molte ricerche, tra cui quelle di Gehlen (1978) ed Edelmann (1992), testimoniano come la struttura di ogni individuo ha origine ed è continuamente influenzata dalle relazioni con le figure significative: è frutto dell’innesto di parti di altri individui che lo precedono nel mondo e che nel mondo lo accolgono (Di Maria, Formica 2009). Tali legami significativi, in letteratura, vengono definiti Attaccamento[2] ), che attraversa la dimensione della genitorialità sul piano intra-psichico, inter-personale e trans-generazionale, sia in epoca pre-natale che post-natale, costituendo un fattore di criticità o risorsa sia per la qualità delle relazioni familiari che per la salute psico-fisica dei singoli componenti del gruppo primario.
La gruppoanalisi evidenzia l’impatto del transgenerazionale (Di Maria, Formica, 2009) sulla matrice personale e sulla relazione con la prole. La dimensione transgenerazionale rappresenta uno dei livelli del transpersonale[3], in quanto sede del transpersonale familiare. I genitori sono a loro volta figli e con la relazione di coppia hanno messo e mettono in rapporto i loro gruppi interni e i loro stili di attaccamento. Oltre a ciò, il transgenerazionale include le reti di parentela e ambientali con cui il nascituro ha a che fare attraverso le strutture relazionali inconsce e mitografiche della famiglia d’appartenenza.
Quando le relazioni con il gruppo primario originario hanno avuto connotati disfunzionali si può incorrere in una ricorsività alquanto pericolosa. Se è vero, infatti, che l’individuo è formato dal gruppo in cui è nato e cresciuto, sarà anche “deformato” da esso: il disagio psicopatologico del singolo non sarà altro che l’espressione dell’equilibrio disturbato dell’intera rete familiare (Foulkes, Anthony, 1957). Rispetto alla famiglia intesa come campo mentale, si definiscono insature le matrici familiari che consentono il rimodellamento simbolico dei loro temi e complessi culturali e sature le matrici familiari ove si riscontra una non disponibilità a tale rimodellamento (Nucara, Menarini, Pontalti, 1987, 1995). La matrice familiare satura non permette all’individuo di trasformare simbolicamente in nuovi significati la cultura familiare e transpersonale, generando linee di frattura potenzialmente psicopatogene. Secondo la gruppoanalisi, infatti, la sofferenza psichica emerge quando non si riesce a trasgredire la matrice culturale e a dar vita a originali significati del mondo, stagnando nell’incapacità di ri-concepirsi rispetto al mondo che ci ha concepito (Di Maria, Formica, 2009). Alla luce di ciò l’esperienza di relazioni familiari disfunzionali, entro matrici sature, non favorisce uno sviluppo armonico del Sé come individuo e come madre o padre nel momento in cui ci si appresta a diventare genitori, aumentando il rischio di esordio psicopatologico soprattutto in momenti di vulnerabilità come la gravidanza, trapassando da una generazione all’altra.
La neo-genitorialità, in particolare, può essere compromessa da esperienze negative passate, non adeguatamente elaborate (traumi, lutti, violenze etc.). Nel caso della ricorsività traumatica è stato riscontrato come esperienze pregresse di maltrattamento subite dal genitore abbiano un impatto nella relazione con il figlio, rappresentando un indice di vulnerabilità per il rischio psicopatologico, con la possibilità di estendersi da una generazione all’altra (Berthelot et al., 2015; Bifulco, Moran, 1998; Goldstein et al., 2021; Yildiz Inanici et al., 2017). Studi evidenziano che gestanti con storia di abuso infantile presentano gravidanze segnate da un maggior numero di conflitti familiari, sentimenti depressivi, disturbi somatici e povertà immaginativa sul futuro figlio (Di Trani et al. 2006).
Altri fattori di rischio significativi sulla qualità della relazione prenatale con il nascituro, rintracciati in letteratura, oltre alla psicopatologia genitoriale, sono il livello di sostegno sociale, l’isolamento e la violenza familiare attuale, nonchè precedenti aborti o morti perinatali (Laxton-Kane, Slade, 2002; Cannella, 2005; Della Vedova, Imbasciati 2005). Maggiori sono i fattori di rischio psicosociali compresenti nel periodo perinatale, maggiori sono le probabilità di insorgenza psicopatologica e di costruzione di un attaccamento disfunzionale con il bambino.
Per concludere, dunque, il valore di interventi psicologico-clinici nel campo della neo-genitorialità è indubbio. Guardare all’epoca perinatale permette di attuare opere di prevenzione che, toccando trasversalmente diverse generazioni, sostengono lo sviluppo sano di quella futura. Questo è il movente principale da cui origina il presente lavoro di ricerca.
3. La ricerca
Il presente contributo empirico nasce dalla partecipazione ad un più ampio progetto di ricerca-intervento ideato e promosso dalla Dott.ssa Infurna nell’Università degli Studi di Palermo. L’indagine verte sui fattori di rischio e sugli esiti psicopatologici in gravidanza e perinatalità, con l’obiettivo generale di porre l’attenzione sugli aspetti e le dinamiche psicologiche, sociali ed emotive che si attivano nelle donne e nei loro partner. Il principale outcome del progetto è la creazione di protocolli standardizzati e condivisi per la rilevazione e la prevenzione delle situazioni di rischio, da mettere a disposizione dei servizi sanitari territoriali.
3.1 Ipotesi e obiettivi
Attraverso la somministrazione del protocollo, la presente ricerca si è posta come macro-obiettivo di indagare nel campione, in epoca gestazionale, la qualità dei rapporti con la famiglia di origine, in relazione al legame prenatale con il nascituro e ai possibili precipitati psicopatologici sui neo-genitori. In linea con l’obiettivo generale, sono state indagate le aree che seguono:
a- Attaccamento: ponendo il focus sulla gestante, è stata analizzata la correlazione tra la qualità delle relazioni con la famiglia di origine (CECA-Q) e la qualità dell’attaccamento in corso con il feto (it-MAAS), predittivo del legame di attaccamento post-natale. E’ stata ipotizzata, alla luce della letteratura sul tema, una stretta relazione tra le due dimensioni sopra citate. Inoltre, è stato indagato e ipotizzato che variabili quali il trimestre di gravidanza e la primiparità influiscano sulla qualità dell’attaccamento prenatale.
b- Esiti psicopatologici: ponendo il focus sulla gestante, è stata indagata la correlazione tra la qualità delle relazioni familiari vissute nell’infanzia (CECA-Q) e la presenza di difficoltà psicopatologiche durante la gravidanza (PAMA), predittive del benessere della prole e della famiglia in costruzione. E’ stato ipotizzato, alla luce della letteratura sopra esposta, una stretta relazione tra queste due dimensioni. Inoltre, è stato indagato e ipotizzato che variabili quali eventi stressanti, trimestre di gravidanza e primiparità influiscano sullo sviluppo di disagio psicopatologico perinatale.
c- Maltrattamento e abuso: ponendo il focus sulla gestante, è stata indagata la correlazione tra gli episodi di maltrattamento, abuso e violenza domestica subiti nell’infanzia e/o adolescenza (CECA-Q) e l’attaccamento prenatale (it-MAAS), in quanto predittiva della trasmissione del trauma nell’attaccamento post-natale. E’ stato ipotizzato, alla luce della letteratura sopra esposta, una stretta relazione tra queste due dimensioni. Inoltre, è stata indagata e ipotizzata una relazione fra le esperienze passate di abuso emotivo e fisico (sottoscale CECA-Q) e la variabile del supporto sociale materno percepito (MSSS).
d- Figura paterna: data l’esiguità del campione dei partner, è stato analizzato, da un punto di vista solo descrittivo, la percezione del supporto sociale (PSSS), l’attaccamento con le proprie figure di accudimento (CECA-Q), l’esperienza di ri-pensarsi padri nella perinatalità (PAAS), i possibili disagi psicologici connessi alla gravidanza e gli eventi stressanti che incidono sul benessere psicologico durante la gestazione (PAMA).
3.2 Metodologia e Strumenti
Il campione che ha partecipato alla ricerca è stato implicato tramite reti formali e informali.
I dati sono stati raccolti tramite la piattaforma “Google Forms” ed è stato predisposto un protocollo ad hoc pensato in due versioni simili, l’una per le gestanti l’altra per i loro partner, autosomministrato, in forma anonima, previo consenso al trattamento dei dati.
Il protocollo è composto da varie parti: un questionario socio-anagrafico e anamnestico; un questionario sugli eventi stressanti nell’ultimo anno; il test Supporto sociale percepito (MSSS E PSSS) nella versione italiana del Maternity Social Support Scale e del Paternal Social Support Scale (Dabrassi et al., 2008); il test Relazioni familiari nell’infanzia (CECA-Q) nella versione italiana del Childhood Experience of Care and Abuse – Questionnarie (Bifulco, Moran, 2007); il test Attaccamento prenatale (it-MAAS e it-PAAS) nella versione italiana del Maternal Antenatal Attachment Scale e Paternal Antenatal Attachment Scale (Condon, 1993); il test Disagio psicopatologico (PAMA e PAPA) nella versione italiana del Perinatal Assessment of Maternal Affectivity e Perinatal Assessment for Paternal Affectivity (Baldoni et al., 2018).
3.3 Analisi e interpretazione dati
I dati estrapolati da Google Forms sono stati inseriti in un database Excel, suddiviso in base alle risposte date da donne e partner. E’ stato assegnato a ciascuna risposta un numero di riferimento, così da permetterne la codifica quantitativa attraverso il software di analisi SPSS, ottenendo l’elaborazione dei dati. Per ogni questionario convalidato, sono state utilizzate le indicazioni di scoring, analisi e interpretazione, disponibili in letteratura.
3.4 Campione
Il campione preso in esame è composto da 71 soggetti, di cui 61 madri e 10 padri. Si tratta di un campione non clinico, distribuito su tutto il territorio nazionale. Comprende donne in gravidanza e i loro partner, dalla dodicesima settimana di gestazione in poi.
La metà del campione delle gestanti si colloca in un range compreso tra i 36 e 30 anni, mentre la restante parte è compresa in un range tra i 45 e i 37 anni o ha un’età inferiore ai 29 anni.
Dal punto di vista clinico, l’82% riferisce una gravidanza a basso rischio e l’81,3% non assume farmaci prescritti per problemi di natura psicologica. Il 65,3% non ha mai riportato in precedenza aborti spontanei, interruzioni volontarie di gravidanza, morte perinatale, gravidanze ad alto rischio.
Per quanto riguarda la descrizione del campione relativo ai partner, le risposte valide hanno ridotto i partecipanti a 9. Il 56% dei partner si colloca in un range di età compresa tra 30 e 36 anni, mentre la parte restante (44%) si colloca in un range di età compresa tra 45 e 37 anni. Oltre la metà del campione si trova alla prima gravidanza (88,9%). Dal punto di vista clinico, tutti riferiscono una gravidanza a basso rischio per la propria compagna e nessuno assume farmaci prescritti per problemi di natura psicologica.
3.5 Discussione dei risultati
Si riportano i risultati emersi per ciascuna delle suddette macro-aree indagate.
a-Attaccamento: in linea con la letteratura (Berthelot et al., 2019; Bowlby, 1988; Giannone et al., 2011; Lorito, Di Maria,2015; Schwerdtfeger, Goff, 2007), nei dati è emerso che la qualità delle relazioni con la famiglia di origine delle future madri e la qualità dell’attaccamento prenatale con il feto sono strettamente legate. Nello specifico, i risultati sottolineano che le relazioni disfunzionali con la famiglia di origine, in particolare con la figura paterna, influenzano negativamente il legame di attaccamento che la madre instaura con il nascituro, già in epoca prenatale. I dati confermano, inoltre, che il legame prenatale è più intenso in funzione della condizione di primiparità (Wilson et al., 2000) e che tende all’incremento con l’aumentare delle settimane di gravidanza (Laxton-Kane, Slade, 2002; Cannella, 2005).
b- Esiti psicopatologici: in linea con la letteratura (Biaggi, Pariante, 2015; Van der Kolk, 2020), i risultati evidenziano quanto l’esperienza di relazioni familiari disfunzionali non favorisca uno sviluppo armonico del Sé nell’individuo che si appresta a diventare genitore, aumentando il rischio di possibili esiti psicopatologici. Nello specifico, infatti, si evince una correlazione fortemente significativa tra la presenza di disagio psicopatologico in gravidanza e l’esperienza infantile di una relazione disfunzionale con la figura paterna. Inoltre, in linea con letteratura (Biaggi et al., 2016; Byrness, 2018; Anniverno et al., 2010; Graziottin, 2010) l’abuso fisico, i recenti eventi di vita stressanti, trovarsi nel I trimestre (per il potenziale impatto della diagnosi ecografica) e III trimestre (per l’avvicinarsi del parto) di gravidanza si confermano tra i principali fattori di rischio per lo sviluppo di forme psicopatologiche in gravidanza e perinatalità. Nel complesso, laddove risultano presenti i suddetti fattori di rischio, le categorie di disagio più riferite sono relative all’ansia, stress e problemi fisiologici, mentre risultano essere poco presenti/quasi del tutto assenti problemi depressivi, relazionali, rabbia e comportamenti a rischio/dipendenze, quest’ultimi negati dall’intero campione. In ultimo, la primiparità si conferma come fattore di rischio psicopatologico nel campione solo rispetto allo sviluppo di difficoltà di tipo ansioso.
c- Maltrattamento e abuso: congruentemente con la letteratura (Pazzagli et al, 2011 (Grussu et al., 2019, Montecchi, Di Trani et al., 2006) è stato riscontrato come l’abuso emotivo materno e paterno subito in età evolutiva incida negativamente con l’attaccamento prenatale. Questo, inoltre, risente del supporto sociale percepito dalla gestante, il quale sembra essere influenzato negativamente dalla negligenza paterna, una delle possibili declinazioni dell’abuso emotivo genitoriale. La figura paterna abusante e maltrattante, infine, sembra essere predittiva di una vulnerabilità al rischio psicopatologico, come dimostrato in letteratura rispetto alla relazione fra le esperienze traumatiche genitoriali e relazioni attuali significativamente disfunzionali comprese quelle madre-figlio (De Zulueta, 1993).
d- Figura paterna: secondo la letteratura, durante la gestazione, la mente del futuro padre è “gravida” (Badolato, 1993) di pensieri e di emozioni mai provati, nelle quali è difficile fare ordine. L’attesa di un figlio sancisce la mascolinità e, al contempo, avvicina alle proprie parti femminili per proteggere e contenere affettivamente la partner (Andolfi, 2001). Questa trasformazione del futuro genitore influenza un nuovo modo di essere padre (Quilici, 2017). Infatti, la maggior parte del campione pensa al bambino che nascerà frequentemente. I sentimenti legati al nascituro sono molto forti e principalmente positivi. I pensieri legati alla gravidanza sono teneri e affettuosi. Essere padre vuol dire anche “non essere abbastanza all’altezza” e provare “un misto di ansia e gioia”.
4. Conclusioni
La presente ricerca ha posto in evidenza dal punto di vista teorico ed empirico che la genitorialità è un costrutto trasversale che attraversa le generazioni lungo un continuum storico-temporale. La qualità dell’attaccamento col nascituro, così come il benessere psichico dei neo-genitori e della prole, sono strettamente legati alle peculiarità dei legami, più o meno funzionali, esperiti dai nuovi caregivers con la famiglia di origine.
Il protocollo di ricerca del presente lavoro è parso valido per l’individuazione di eventuali fattori di rischio che possono inficiare la salute dei neo-genitori e della prole.
Si può pensare che la gruppoanalisi possa rappresentare il modello di riferimento e lo strumento elettivo per la diagnosi e il trattamento della psicopatologia perinatale, essendo in grado di mettere in luce l’esperienza interna ed esterna delle condizioni psicopatologiche ed ac-coglierne la complessità. Risulterebbe, pertanto, estremamente prezioso l’utilizzo del modello gruppoanalitico nei servizi sanitari territoriali per la prevenzione e la presa in carico delle situazioni a rischio di disagio psicopatologico in gravidanza.
Tuttavia, riflettendo sui limiti della ricerca, emerge la necessità di ulteriori approfondimenti, auspicando il raggiungimento di un numero più ampio del campione e una maggiore aderenza al protocollo e partecipazione, soprattutto da parte dei partner, anche alla luce delle evidenze emerse che riconoscono la relazione con la figura paterna come fattore significativo di rischio/prottettivo per il benessere psichico familiare.
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Le autrici
Sara Coletti: Psicologa clinica e psicoterapeuta gruppoanalista. Esperta in psicodiagnosi. Attualmente svolge la sua attività psicoterapeutica privatamente e lavora all’interno del Terzo Settore. Esperta in DSA.
Lucia Guglielmi: Psicologa clinica, psicodiagnosta e psicoterapeuta gruppoanalista. Svolge la sua attività terapeutica ed effettua valutazioni psicologiche privatamente. Ha collaborato con la ASLRM1 presso il servizio Disabili Adulti. Esperta in DSA.
Alessia Marani: Psicologa clinica, Psicodiagnosta e psicoterapeuta gruppoanalista. Attualmente svolge la sua attività psicoterapeutica privatamente, collabora con un centro antiviolenza ed ha esperienza lavorativa all’interno del Terzo Settore.
Azzurra Ricci: Psicologa dello sviluppo, dell’educazione e del benessere. Psicoterapeuta gruppoanalista e psicodiagnosta. Esperta di genitorialità in ambito socio- sanitario, pubblico e privato.
[1] Si fa riferimento al concetto di Erikson (1953) di “crisi evolutiva” intesa come momento di crescita nello sviluppo normale, un processo di cambiamento contenente un doppio potenziale maturativo e patogeno.
[2]La teoria dell’attaccamento di J. Bowlby (1969; 1973;1979) si riferisce al peculiare rapporto psico-fisico tra il bambino e la figura primaria di accudimento. La qualità di questo legame si identifica in uno stile di attaccamento di tipo sicuro, quando il bambino sente di avere dalla figura di riferimento protezione, affetto e sicurezza, di tipo insicuro quando nella relazione prevalgono instabilità, eccessiva prudenza, eccessiva dipendenza, vissuti di abbandono. L’attaccamento viene anche identificato come la tendenza innata dell’infante a sviluppare un legame nei confronti di chi si prende cura di lui. Tale predisposizione è geneticamente determinata e filogeneticamente trasmessa, perché funzionale alla sopravvivenza del singolo e della specie. Secondo le recenti prospettive gruppoanalitiche, l’attaccamento si sviluppa gradualmente e in un lungo arco di tempo, in rapporto gerarchico ed interdipendente con una lista di agenti di cure che vanno dalla madre, al padre, ai nonni, ai fratelli, ai pari, agli insegnanti e al partner (Lorito, Di Maria, 2015).Si parla in tale ottica di attaccamenti multipli in riferimento alla capacità del singolo di creare, a partire dagli albori della vita, legami con più figure affettive.
[3] Il transpersonale è l’impersonale collettivo (Menarini, 1989), il dato costitutivo (Lo Verso, 1989) della nascita psichica e della personalità umana. Il transpersonale viene interiorizzato dall’essere umano permettendo l’istituzione dei contenuti della mente; è inconscio e sovraindividuale poiché attraversa i soggetti, è esterno ad essi, ma mediante l’interiorizzazione diviene interno; è intenzionante in qualità di forza che dirige e significa le emozioni, i comportamenti e le scelte; è soggetto a trasformazioni, seppur difficoltose (Gehlen, 1978).