a cura di Maria Comasia De Giuseppe e Marco Antonielli
Abstract
La pandemia da Covid-19 ha costretto la società a fare i conti con il lutto e la perdita in un modo del tutto inconsueto. In questo scenario è nato il progetto di ricerca ‘AURORA@COVID19-EU’ che ha visto in rete l’Università del Salento, l’ISMAI Maiêutica (Portogallo), il servizio di Psicologia dell’Ospedale universitario portoghese S. João, l’Università di Comillas (Spagna) e il Centro Nazionale Danese per il lutto. La letteratura in merito evidenzia che maggiore è il supporto sociale, migliore è la reazione al lutto (Chen, 2020; Romero et al., 2014) e minore la possibilità che il lutto diventi patologico. Il progetto mira a creare opportunità per formare agenti diretti e agenti indiretti sul tema, aggiornando gli interventi di pratica clinica.
Parole chiave: Pandemia, lutto, supporto, comunità, narrazioni
1. La ricerca Aurora@Covid19-EU
La recente situazione pandemica ha portato la società a confrontarsi con il lutto e la perdita, in un’ottica nuova e imprevedibile. In questo quadro ha operato il progetto di ricerca ‘AURORA@COVID19-EU’: Articulating a Unified Response to the Covid-19 Outbreak. Reconstruction After loss in Europe”. Tale progetto, finanziato dall’Unione Europea, ha visto in rete l’Università del Salento, il cui gruppo di ricerca è coordinato dalla Professoressa Claudia Venuleo, docente ordinaria della cattedra di Psicologia Clinica, l’ISMAI Maiêutica (Portogallo), il servizio di Psicologia dell’Ospedale universitario portoghese S. João, l’Università di Comillas (Spagna) e il Centro Nazionale Danese per il lutto. La letteratura suggerisce che maggiore è il supporto sociale, migliore è la reazione al lutto (Chen, 2020; Romero et al., 2014) e quindi minore la possibilità che il lutto diventi cronico o patologico. Il progetto mira a creare opportunità per formare agenti diretti e agenti indiretti sul tema, aggiornando gli interventi di pratica clinica. Studi recenti fanno ipotizzare che la pandemia da COVID-19 abbia complicato il processo di elaborazione del lutto (Breen et al., 2022; Eisma et al., 2020; LeRoy et al., 2020; Zhai & Du, 2020). Rispetto a questo possono essere citati tre aspetti principali: l’impossibilità di dire addio: determinato dal carattere inaspettato e repentino delle morti, dalla scarsità di contatto e dall’assenza di funerali. I riti funebri rappresentano una componente culturale e religiosa cruciale del processo di lutto (O’Rourke et al., 2011), segnano una transizione in cui la morte può essere realizzata ma anche un momento in cui le persone danno voce alle loro emozioni e ricevono sostegno (Mortazavi et al., 2021). In Italia, le misure di lockdown hanno proibito le cerimonie funebri (Ingravallo, 2020); Il carattere sconosciuto della morte: una delle principali cause di angoscia durante la pandemia da COVID-19 (Cipolletta et al., 2022; Freeston et al., 2020; Mortazavi et al., 2021), esacerbato dall’incertezza della malattia e dall’impossibilità di vedere il corpo del defunto; Isolamento fisico e mancanza di sostegno: a causa delle misure di distanziamento fisico. Così la maggior parte dei fattori protettivi per un adattamento sano alla perdita sono stati azzerati dallo scenario COVID-19 (Fernández & González-González, 2020). Studi qualitativi nel contesto dell’Europa meridionale (tra cui Cipoletta et al., 2021; Mortazavi et al., 2021; Testoni et al., 2021) evidenziano come le narrazioni presentino tratti traumatici di congelamento del processo di lutto: derealizzazione e costante ruminazione, determinata dal carattere improvviso della morte, e dalla mancanza di contatto con il corpo del defunto (Imber-Black, 2020); rabbia, legata ad un’intensa sensazione di abbandono da parte degli operatori sanitari, dell’amministrazione sanitaria e del governo, incapaci di gestire l’emergenza sanitaria; senso di Colpa, per non essere stati accanto alla persona amata, né in grado di offrire aiuto e conforto; vergogna, per lo stigma legato al contagio che circonda una morte legata alla pandemia. E ancora ansia, angoscia, e strategie di coping e di regolazione delle emozioni non adeguate (Fisher, Rice, Zuleta, & Cozza, 2022). Coloro che forniscono supporto informale a chi ha subito una perdita sono denominati agenti indiretti, operanti al fianco di altri attori con specifiche competenze professionali, detti agenti diretti (Rumbold & Aoun 2015). Vi sono due principali modelli per spiegare in che modo il supporto favorisca una risposta adattativa al lutto: il modello degli effetti principali e il modello del buffering (Cohen & Syme, 1985 ; Scott et al., 2020). Nel modello degli effetti principali, il supporto sociale ha un effetto complessivamente positivo sulle persone, indipendentemente dalla situazione, legato alla possibilità che altri offriranno aiuto quando necessario. Il modello del buffering, sostiene che il supporto sociale protegge le persone dall’impatto patogeno e negativo degli eventi stressanti rafforzando la capacità di far fronte alle richieste, riducendo l’esperienza di stress e influenzando il comportamento di risposta alla malattia. La ricerca ha fornito sostegno ad entrambi i modelli proposti (Scott et al., 2020).
1.1 Ricerca e analisi dei dati
La ricerca sviluppata nell’ambito del progetto AURORA ha esplorato, qualitativamente, l’esperienza di chi ha fornito supporto informale al lutto prima o durante il periodo pandemico.
1.1.1 Partecipanti
Sono state effettuate 172 interviste di cui 109 donne e 63 uomini. Gli intervistati sono stati: insegnanti, assistenti sociali, agenti funebri, referenti di gruppi AMA, volontari della Protezione Civile, farmacisti, preti, parenti e amici.
1.1.2 Strumento
L’intervista, integralmente registrata, è preceduta da una fase di riscaldamento al fine di costruire un clima di fiducia. Successivamente si è chiesto di pensare all’esperienza rimasta più impressa relativamente al supporto al lutto fornito, ed il loro rapporto con il supportato. Le domande sono state:
1. Nella sua percezione, di che tipo di supporto aveva bisogno? Può raccontarmi i suoi pensieri, le sue riflessioni o sensazioni su questo? 2. Sente di esserle/gli stato di aiuto? Può raccontarmi in quale circostanza/e e in che modo? 3. Ha avvertito eventuali problemi o difficoltà nell’offrire supporto in quella circostanza (inclusi aspetti emotivi o pratici, legati ad esempio alla situazione di vita di quella persona, o alle circostanze del vostro incontro)? 4. Dal suo punto di vista, la persona aveva bisogno di ulteriori forme di aiuto che lei non era in grado di offrire? Quali? 5. Dal suo punto di vista, il contesto dell’emergenza sanitaria ha influenzato, ed eventualmente in che modo, la relazione di aiuto? 6. C’è qualcosa che le piacerebbe aggiungere? Qualcosa che per lei è importante e che non abbiamo discusso?
1.1.3 Analisi dei dati
Il team di ricerca ha visto la partecipazione di molte figure, a vari livelli e con obiettivi specifici. Gli autori di questo articolo si sono occupati di intervistare gli insegnanti e i referenti dei gruppi di Auto Mutuo Aiuto, e successivamente di trascrivere le interviste da analizzare. Questa parte della ricerca è stata molto emozionante, oltre che interessante. Aver avuto la possibilità di ascoltare, condividere, ripensare racconti emozionati, preziosi, che spesso hanno cambiato almeno in parte le vite di coloro che li narrano, ha rappresentato tanto un’occasione di crescita personale, quanto una grande opportunità per esplorare l’espressione di emozioni difficilmente parlabili e sulle quali poco ci si sofferma nella vita quotidiana. Le interviste, dopo la trascrizione integrale, sono state sottoposte a due tipi di analisi da un gruppo di ricerca coordinato dalla Professoressa Claudia Venuleo. Per garantire l’affidabilità dell’analisi ciascuna intervista è stata letta e codificata da almeno due persone e revisionata dai supervisori della ricerca.
1.1.4 Analisi del contenuto
Le risposte alle domande aperte sono state sottoposte ad analisi del contenuto, con specifica attenzione a diversi aspetti, tra cui la specificità della persona supportata, il tipo di supporto fornito, quando è avvenuto e le difficoltà incontrate. Scopo dell’analisi è stato quello di identificare le principali dimensioni latenti di senso nei discorsi degli intervistati.
1.2 Rilevazione delle principali dimensioni latenti di senso
Per identificare le dimensioni latenti di senso è stata utilizzata una procedura per l’analisi dei contenuti [(ACASM)] (Salvatore et al., 2012; Salvatore et al., 2017), eseguita tramite il software T-LAB (versione T-Lab Plus 2020; Lancia, 2020). Il metodo parte dal presupposto che i significati si esprimano in termini di variabilità lessicale, mirando a rilevare i modi in cui le parole si combinano tra loro all’interno del discorso. La procedura ACASM segue tre fasi: il corpus testuale delle narrazioni viene suddiviso in unità di analisi, denominate unità di contesto elementare (ECU); le forme lessicali presenti nelle ECU sono classificate secondo il “lemma” a cui appartengono. Infine, viene costruita una matrice digitale, su cui viene eseguita un’Analisi delle Corrispondenza lessicali (LCA) che organizza le somiglianze nei discorsi degli intervistati. Sono stati selezionati i primi due fattori estratti dalla LCA, che spiegano la maggior parte della variabilità dei dati: la prima dimensione riguarda i criteri generali e la storia e la seconda il supporto emotivo e il supporto pratico. Criteri generali (-): situati sulla polarità sinistra troviamo i lemmi che rimandano ai diversi livelli di aiuto e supporto, ciascuno definito rispetto al proprio ambito di azione e alla propria funzione sociale e/o professionale; l’interlocutore, cui è destinato l’aiuto, viene riconosciuto nei termini di un ‘bisogno’ determinato dalla sua condizione di lutto, e avvicinato con una postura centrata sull’ascolto e la vicinanza. Su questa polarità si collocano agenti informali che dichiarano di svolgere un lavoro che implica il confronto con il lutto – come preti ed agenti funebri – e inoltre coloro che hanno supportato qualcuno che ha subito una perdita nel periodo pandemico. Un frammento di intervista indicativo di questa polarità è: “Secondo me solamente di silenzio aveva bisogno. L’ho capito perché appunto come qualcuno le stava vicino, qualcuno provava a parlarci, lei è come se sviasse il discorso, […] non voleva proprio parlarne; quindi, a un certo punto ho capito che il miglior modo per starle a fianco era il silenzio. […] Bisogna comprendere il modo in cui vuole essere aiutata […] perché comunque ognuno di noi vuole elaborare il lutto come meglio crede”. Storia (+): situati sulla polarità destra si aggregano lemmi che rimandano a uno specifico focus sulla storia della persona supportata: circostanze specifiche della perdita, relazioni familiari, reazioni emotive. Tendono a collocarsi su questa polarità gli agenti informali che hanno offerto supporto nella loro veste di agenti funebri, insegnanti, parenti o amici. Un frammento di intervista indicativo di questa polarità: “Quindi parlando con noi piangeva, quindi io gliel’ho anche detto, che suo figlio comunque sente la tua tristezza, sente che qualcosa non va, di qualcosa di importante e se non viene raccontata questa parte importante, il rischio è quello che lui non comprenda bene quello che sta accadendo, che poi il bambino l’ha compreso insomma […] Gli ho chiesto tu come stai? E lui mi ha risposto: io sono un po’ triste, però so che sta con Gesù”. La seconda dimensione descrive due diverse tipologie di supporto: di tipo emotivo (-) o di tipo strumentale/organizzativo (+). Supporto emotivo (-): lemmi che rimandano a vissuti emotivi intensi, dominati dal dolore, dalla sofferenza, co-occorrono con lemmi che rimandano al tentativo di stare accanto, attraverso un dialogo, fatto anche di silenzio e di gesti di vicinanza. Tendono a collocarsi su questa polarità gli agenti informali in relazione affettiva con la persona in lutto nonché coloro che raccontano esperienze di supporto in periodo pre-pandemico. Un frammento di intervista che descrive meglio questa polarità: “Quando lei ne ha voluto parlare ne abbiamo parlato e durante la lezione io la guardo spesso, le chiedo cosa pensa di quello che sto facendo, la faccio sentire considerata, perché penso che quando perdi la mamma hai l’impressione che tu non interessi più a nessuno”. Supporto strumentale/organizzativo (+): i lemmi evocano coordinate e confini tipici di una funzione professionale e i suoi aspetti pratici/organizzativi. La persona supportata è definita come cliente. Tendono a collocarsi su questa polarità gli agenti informali che dichiarano di svolgere un lavoro che implica il confronto con il lutto e coloro che hanno raccontato esperienze di supporto nel periodo pandemico. Un frammento di intervista in cui è possibile individuare questa polarità: “Allora, tenga conto che chi ha subito questo genere di perdita per il Covid si è visto portare via il papà, la mamma, un proprio caro all’ospedale e poi non l’ha più rivisto. […] Senza messa, senza onori, senza niente. Una cosa che abbiamo fatto qua di nostra iniziativa è nel mese di maggio per chi era un nostro cliente e un cattolico, abbiamo fatto dire una messa in duomo per tutte le persone che non hanno potuto avere il funerale durante la pandemia”. Nella tabella 1 possiamo vedere la distribuzione del campione:
2 Risultati
I risultati della ricerca sono stati eterogenei, sebbene suddivisibili in macro-categorie. Gli insegnanti, così come gli agenti funebri ed i parenti/amici, tendono ad organizzare le loro narrazioni a partire dalla storia specifica della persona supportata. In secondo luogo, tali narrazioni tendono ad essere organizzate principalmente da un vertice emotivo. Questi racconti sono caratterizzati dallo stare accanto alla persona supportata attraverso gesti di vicinanza, offrendo conforto e stando in silenzio. Le altre categorie tendono a collocarsi su una narrazione organizzata da criteri generali, fornendo un supporto più strumentale che emotivo. Il lutto è un argomento di cui generalmente non si parla o che si affronta con fatica, in ragione dei vissuti emotivi che sollecita. Per questo motivo, nel momento in cui ci si trova ad offrire supporto, l’azione tende a divenire emozionata, guidata dall’emozione di quel momento, poco pensata. Un filo comune ai racconti è stata la condivisione del “non sapere bene cosa fare”, come se ci fossero azioni giuste o sbagliate da mettere in atto. Questo progetto di ricerca è stato una possibilità per soffermarsi su un tema come quello del lutto per cogliere e accogliere i vissuti legati alla perdita che coinvolgono i processi di costruzione di significato.
3 Conclusioni
Nello scenario contemporaneo, la morte è trattata come evento individualizzato, privatizzato, medicalizzato, nascosto alla vista (Wellmann, 2020). Il concetto di Comunità Compassionevole (Compassionate Community), in opposizione a questa visione, veicola l’importanza di costruire comunità in cui si possa parlare della morte e dove si possano condividere e mettere in rete conoscenze, competenze, valori, estendendo così il concetto da cura centrata sulla persona ad assistenza centrata sulla rete (Hilberset al., 2018). Il progetto “Aurora@Covid19” intende contribuire allo sviluppo di risorse formative per facilitare l’esperienza e l’educazione di agenti formali e informali in materia di morte e di supporto al lutto. Gli intervistati hanno donato con generosità stralci di storie di vita anche molto personali, emozionandosi senza remore, mostrandosi anche fragili. È stato molto significativo poter raccogliere e riscrivere insieme a loro una parte della narrazione che ruota attorno a questa esperienza. I racconti, come visto, ruotano attorno a due organizzazioni narrative: Criteri Generali e Storie. Nella prima organizzazione narrativa la persona supportata è riconosciuta come vulnerabile e necessitante dell’aiuto di altre figure professionali (medico, psicologo), lasciando emergere la delega nei confronti di altri più formati. Interessante come questo aspetto di delega non abbia riguardato i referenti dei gruppi AMA, i quali però hanno fatto ricorso nella maggior parte dei casi alla propria formazione da psicologi/psicoterapeuti. Questa dimensione è individuabile invece tra gli insegnanti, combattuti tra i vissuti emotivi e la necessità di dover rispondere a ciò che il ruolo professionale richiede loro. La narrazione circa i Criteri Generali mette in luce una tendenza degli intervistati a parlare di sostegno in termini di buon senso, di potenziali benefici che un’azione possa comportare. In queste narrazioni spesso gli intervistati tendono a citare la necessità di un intervento psicologico, come se il dolore non potesse essere accettato e vissuto, ma immediatamente medicato e “guarito”. La seconda organizzazione narrativa fa invece riferimento a una descrizione delle Storie: circostanze specifiche della perdita, relazioni familiari e reazioni emotive. Ciò che emerge è che il dolore dell’altro elicita l’impotenza in chi supporta. Il silenzio e la vicinanza fisica sono sembrati l’unico modo di offrire supporto, come se non fossero possibili altre alternative se non quella di rimanere fermi, non toccare o non disturbare le emozioni dolorose. È interessante notare come le narrazioni di parenti, amici e insegnanti si basino principalmente su questa polarità. La seconda dimensione fattoriale individuata descrive invece due diversi tipi di supporto offerto: da un lato il Supporto Emotivo e dall’altro il Supporto Strumentale. Il Sostegno Emotivo è espresso attraverso la presenza fisica e la vicinanza. La connessione emotiva è costruita attraverso i gesti, un abbraccio o con il silenzio. I discorsi evocano un dolore complicato da gestire, verso il quale ci si sente impotenti e impreparati. Il Sostegno Strumentale rimanda alla necessità di supportare l’altro nei compiti pratici della vita quotidiana e nella gestione organizzativa dell’evento luttuoso. Per quanto concerne l’impatto della pandemia sul processo del lutto, gli intervistati hanno messo in luce le difficoltà legate al distanziamento fisico e alle restrizioni: l’impossibilità di celebrare rituali funebri e la mancanza di fiducia nel tipo di cure prestate. La complessità con cui viene percepito il dolore della perdita sembra un ostacolo importante alla possibilità di avvicinarsi alla specifica esperienza della persona e al suo dolore. Questo implica un passaggio fondamentale: quello da una posizione di certezza, in cui i bisogni delle persone sono conosciuti, a narrazioni co-costruite che valorizzino l’esperienza soggettiva del dolore. La perdita ha a che fare con una dimensione di cambiamento in qualche modo impossibile da evitare. Quello che in questo lavoro di ricerca ci sembra un contributo utile alla comunità tutta è proprio la possibilità di lavorare in un’ottica di prevenzione e di formazione, attraverso gli agenti informali, superando la delega ai professionisti – altri più esperti – e contribuendo a rendere la comunità più competente in materia di lutto e perdita.
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Gli autori
Marco Antonielli: Psicologo clinico e psicoterapeuta gruppoanalista. Ha una lunga esperienza di lavoro con l’adolescenza al limite, attualmente opera nel contesto romano in ambito pubblico e privato.
Maria Comasia De Giuseppe: Psicologa clinica, psicodiagnosta e psicoterapeuta gruppoanalista. Attualmente si occupa di diagnosi e interventi clinici all’interno del contesto scolastico e universitario.